A quanto dice l’ANSA, Lapo Elkann, emulo de “La setta del Torchio” di Totò e Peppino (in Totò, Peppino e i fuorilegge), avrebbe “simulato un sequestro allo scopo di ottenere dalla famiglia 10mila dollari dopo aver speso tutto il insieme a un escort con cui avrebbe fatto due giorni di bagordi a Manhattan consumando alcol e droga” (fonte: Qui)
Della vicenda, sui giornali e nei social network, non si evidenzia la penosa situazione di un uomo che continuerebbe a preferire i rapporti a pagamento e la droga (con annesso tentativo di esborso tramite penosa farsa. Ma sui fatti si lascia l’ultima parola agli inquirenti) rispetto ad un coming-out sereno e a una vita piena e consapevole, ma il fatto che la partner dell’Avventura sia una transgender.
Ovviamente non si mette in evidenza il suo continuo agire indisturbato sopra le righe semplicemente perché dotato di una rete economica che rende lui, e quelli come lui, anche se capaci di violare tutte le leggi, degli intoccabili supereroi del portafoglio.
Viene messa bensì in rilievo la morbosa attenzione sulla presenza di una ragazza trans che simboleggia il vero e unico peccato.
Perché in fondo la stortura non sta nel fatto che l’erede di una grossa fortuna, strafatto di qualche droga, lanci forte il messaggio che se hai i soldi fai quello che vuoi, ma che andare con una/un trans sia ridicolizzante, divertente ma allo stesso tempo riprovevole. Perché l’Italia coltiva una distorta percezione della sessualità per la quale la morbosità, fondata sulla cultura da oratorio del “facciamolo in bagno, basta che non ci vedano”, è il sale della vita: l’affermazione della supposta normalità sui comportamenti “tollerabili” ma da censurare in cui in realtà l’unico elemento aberrante non è il comportamento di chi butta soldi – e neuroni – dalla finestra senza esserseli lavorati, ma la semplice presenza di un essere umano transgender.