Questi ricordi arrivano in ritardo rispetto ai riti vocianti dei mass media, rispetto a una società che cerca sempre il mostro, il miracolato o il fenomeno da mettere in prima pagina. Sono i ricordi di una persona speciale, ricordi, anche attraverso la voce di Milva, che prescindono da tutto e da tutti, scavalcano il tempo, l’occasione o i panegirici, stanno nell’ombra, in una pagina internet senza sipario, davanti al mondo della rete che forse, più di qualunque altro pubblico, ha sempre amato Alda Merini.
Considerata in tutto il mondo come l’ultima grande poetessa italiana, Alda Merini, la piccola ape furibonda, come amava definirsi, se n’è andata il primo novembre 2009 con un volo improvviso che ha tolto ai suoi amici la difficile e felice esperienza di ascoltarne la voce roca e profonda, dal retrogusto fanciullesco.
Tanti gli amici conosciuti personalmente, il presidente Giorgio Napolitano ha parlato di “una ispirata e limpida voce poetica”, ma tantissimi quelli dell’anima che attraverso le sue poesie hanno aperto la gabbia della quotidianità e dello squallore quasi anestetizzante della vita moderna, poesie fatte di colori, di immagini originali, di aggettivi taglienti, pur tuttavia morbidi e mai insistenti, capaci di rendere una poesia un quadro fatto di tanti quadri, tutti sovrapposti come appunti su un muro, come la sua “agenda personale”, un muro di casa su cui annotava con divertita originalità i numeri di telefono dei suoi visitatori (e poi sogghignando irrideva coloro che le ricordavano di portarsi appresso l’agenda coi numeri di telefono). (Leggi tutto)