Caterina d’Aragona. Alison Weir e la storia

Devo ammettere di nutrire sempre una certa diffidenza nei confronti dei romanzi storici e biografici che non siano scritti da Maria Bellonci o Stefan Zweig, pertanto non nego di essermi avventurato, da storico, con estrema cautela nella lettura di Caterina D’Aragona di Alison Weir (Beat Edizioni). A contribuire alla mia diffidenza, anche una certa familiarità e simpatia nei confronti di Anna Bolena.

Caterina d'Aragona, Alison Weir, Beat Edizioni - www.mockupmagazine.itLo stile della scrittrice è estremamente divulgativo e popolare, lontano dai lavori storici in senso stretto. Consiglierei una lettura della storia “reale” prima di avventurarmi nella sua esposizione dei fatti, anche se – tutto sommato – i dialoghi, la caratterizzazione dei personaggi e le ambientazioni possono essere definiti in sintonia con la realtà dei fatti. Certo è che emergono dalle pagine del libro un Enrico VIII ossessionato dal proprio rapporto con Dio e con la sua discendenza, una Caterina bigotta e conscia del proprio ruolo (non così dalle sue azioni, che risultano spesso disorientate) e una corte maldicente, intricata e pericolosa. Non emergono la grandezza di personaggi come MoroWolsey o Anna (ben più di un’ambiziosa e affascinate amante) e le effettive responsabilità di Caterina nell’indottrinamento religioso del marito prima che – in autonomia o con l’aiuto di personaggi di primo livello – si accorgesse che i flutti della storia avrebbero condotto il Regno, sballottato fra il vassallaggio cattolico e le insidie centrifughe della Scozia, verso i lidi dell’indipendenza Protestante.

Caterina porta su di sé la “colpa” di appartenere a un mondo, quelle delle crociate, quello di Isabella e Ferdinando, vecchio e in disfacimento; a favore di una visione laica, razionale e commerciale (per l’appunto inglese), vincente e in ascesa. La Regina spagnola non comprende i suoi tempi, Anna li intuisce e li cavalca, finendone anch’essa poi schiacciata, Enrico cerca di domarli, mentre toccherà a Elisabetta I (e a Sir Francis Walsingham) darne una lettura organica e definita.

Matteo Tuveri - www.mockupmagazine.itUna sensibilità più accesa, durante la lettura del libro, non tarderà a notare la centralità della questione di genere nella vita di Enrico: se il motore ufficiale della “Grande Questione” era la validità del suo matrimonio con Caterina, vedova del fratello incapace di donare un erede maschio alla Corona (e alla stabilità del Regno); appare invece chiaro come non possa esistere il mondo moderno senza la presenza riconosciuta della donna nei processi di trasformazione della società, della politica e dell’economia.

Se è vero che senza la crisi di coscienza di Enrico – che dovette scegliere fra l’autorità di Roma e la sopravvivenza del Regno – non sarebbe nato il faro della laicità dello Stato, è anche vero che senza Caterina, Anna, Maria e, infine, Elisabetta, non si sarebbero mai manifestati su un ideale campo di battaglia i principi di uguaglianza di genere per cui ancora combattiamo ai nostri tempi. La storia raccontata dalla Weir ci racconta tutto questo, probabilmente con il rammarico di non esserne del tutto consapevole (o forse di non darlo a vedere).


Fonte: www.mockupmagazine.it