Fino al 28 gennaio, presso la Kunsthalle di Monaco di Baviera (nella Theatinerstrasse n.8) risplendono i ceselli artistici della mostra “Gut · Wahr · Schön – Meisterwerke des Pariser Salons aus dem Musée d’Orsay” (II Buono, il Vero, il Bello: capolavori della pittura del Salon del Museo d’Orsay), realizzata con la collaborazione del Musée d’Orsay e l’Institut français a Monaco.
La mostra raccoglie le opere dei più quotati artisti che ebbero modo di esporre le proprie opere al Salon de Parisdalla sua inaugurazione, avvenuta per volontà di re Luigi XIV (prima con cadenza biennale e in seguito annuale).
A partire dal 1725, l’esposizione ebbe luogo nel Salon Carré del Louvre e, sebbene i grandi cambiamenti sociali e la nazionalizzazione del Salon dopo la Rivoluzione Francese(1789) imposero alla gestione una grande cambiamento, la giuria troppo potente scelse per tutto il diciannovesimo secolo quali artisti ammettere o meno. Condizionando in questo modo i temi e la produzioni artistica.
Per molto tempo fu richiesto agli artisti di dimostrare la loro competenza tecnica, in particolare con rappresentazioni di grande formato e ambiziose riproduzioni di scene mitologie, bibliche e storiche. Il Buono, il Vero e il Bello, così come recita il titolo della mostra, sono dunque ancora in un primo momento confinati al culto della storia e della religione (e della politica). Nella seconda metà del 1800 avvenne tuttavia una rivoluzione: artisti importanti e celebrati come Jean-Léon Gérôme (1824–1904), Alexandre Cabanel (1823–1889) e William Bouguereau (1825–1905), iniziarono a concentrare la loro attenzione e il loro sforzi verso tematiche, linee e gusti più borghesi e meno ingessati.
Ed è così che l’eterna lotta fra gli dei dell’Olimpo fu ricondotta a pose, colori ed espressioni umane. La quotidianità nell’antica Grecia di Gérôme fu resa nel Combattimento fra galli (1864), mentre Dante e Virgilio furono ritratti da Bouguereau nella decima bolgia dell’ottavo cerchio (canto XXX dell’Inferno, i falsari), davanti alla omoerotica scena di Gianni Schicci e Capocchio intrecciati in una ferale lotta. La Nascita di Venere del medesimo autore risultò essere terrena e fu considerata troppo “spinta” per i colori e la sensualità tutta umana, più vicina a una pin-up che a una dea.
Il Perseo di Joseph Blanc divenne un dio col copricapo prezioso e la muscolatura concreta, mentre la sua Medusaesibiva un urlo lacerante e una capigliatura degna di una primadonna del teatro. La stessa fisicità la mise Léon Bonnat nel ritratto di Madam Pasca, con il suo ricciolo ribelle sulla fronte, fra Elena di Sparta e la fotografia di scena.
La mostra mette in scena con eleganza un paradiso perduto di istanze, classicismi e rivoluzioni: da una concezione conformista di bello fino alla sua graduale erosione che spalancherà – a grandi linee – le porte alla Société Nationale des Beaux-Arts.