Un giorno Solimano I passeggiava accanto alle fontane ricoperte di colorate maioliche sotto le arcate fresche e ombreggiate del suo palazzo. Crescevano lì vicino piante succulente, barocche e slanciate palme e verdi banani. Poco lontano Hürrem Sultan, la giovane ex schiava e concubina, ora Haseki, moglie unica, amata e rispettata, osservava un piccolo orto in cui i botanici di corte avevano impiantato frutti curiosi, dalle divertenti forme e dai colori sgargianti.
La donna, che passava velocemente come un’ala di cormorano dalle arti della diplomazia e della scrittura a quelle della contemplazione della natura, si accomiatò dall’architetto Sinan chiudendo i progetti per la città di Aksaray, con la madrasa, la moschea, l’ospedale e un’elegante fontana.
Si soffermò su una pianta dalle foglie coriacee, dai pericolosi margini seghettati disposti dignitosamente a raggiera. Osservava il frutto ovale, apparentemente pietrificato, svilupparsi all’interno del ventaglio ostile di foglie taglienti.
Una delle dame lì presenti commentò con un certo sussiego che davanti alle volute del palazzo, alle pergamene più belle e alle piante più stravaganti, fosse davvero sorprendente che la moglie del Sultano si soffermasse su tali prosaiche manifestazioni del mondo vegetale.
Un’altra, di nobili natali, ansiosa di dimostrare a Roxelana, così era infatti nota in Europa, la sua inadeguatezza davanti alla propria presunta predestinazione familiare al bello, mormorò: “la bellezza, è proprio vero, è negli occhi di chi osserva”.
Il sultano, sentito tanto sussiego attorno alla sua sposa, si portò veloce in mezzo agli arbusti e con la mano ancora inguantata afferrò il frutto oblungo della brutta pianta ossuta e torcendolo lo attirò a se pregando il servitore di sbucciare l’ananas per servirlo alla moglie come segno della sua dolcezza.
Infatti egli disse: “la mia intelligente Roxelana, fra tutte le piante e i frutti del nostro chiostro, ha scelto la creatura più simile a sè: beato l’essere umano capace di far maturare i frutti della propria passione dentro coltelli taglienti. Sotto una corazza di scaglie egli nasconde il colore dell’aurora e il retrogusto del miele.”
Giunto il servitore con l’ananas già diviso in carnose fettine, egli afferrò il ciuffo reciso e sottoponendolo all’attenzione dei presenti aggiunse: “siate come questo frutto. Indossate una corona sulle vostre dolcezze”.
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