Lunedì. Caffè con un shottino di cinismo

Caricare di aspettative il lunedì, e la settimana che inizia, è tipico della società che abbiamo messo in piedi e alla quale ci sforziamo di partecipare. Il concetto è molto borghese (e consumistico): ci sono determinati giorni per produrre qualcosa e altri per riposare, il termine stesso non è certo nato in epoca barocca e vede il suo pieno fiorire nell’era post industriale. Il concetto di lavoro come strumento per guadagnare il proprio tempo libero affonda tuttavia le sue radici in Aristotele, mentre il più moderno e contemporaneo Francis Scott Fitzgerald sosteneva che “il ritmo del week end, con la sua nascita, i suoi piaceri programmati, e la sua fine annunciata, sembra seguire il ritmo della vita ed esserne un sostituto”. Anche Il Sabato del villaggio insegna che “mai ‘na gioia“.

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Come punto fermo resta il lunedì, un supplizio per chi lavora, per chi si deve svegliare prima o per chi, privo di lavoro, ritorna a battere le infinite sterili strade della ricerca del lavoro. Ritornare alla realtà, dopo un sano isolamento, è letale: banalità, populismi e mediocrità di vario genere e quell’incapacità tutta umana di tenere l’equilibrio fra insofferenza verso i propri simili e necessità di averci a che fare. Poi c’è chi non fa pausa nel fine settimana, e magari si gode il lunedì accompagnato dal continuo rosicare per la pausa collettiva degli amici e dei conoscenti.

In tutti i casi sembra inutile soffermarsi sulle insoddisfazioni, lamentarsi in eccesso è – concettualmente – più proletario del weekend e sappiamo tutti che il proletariato è ormai stato sostituito dallo spettatore di Reality Show.

Consiglio di collezionare istantanee delle vostre giornate, qualche colore, qualche forma, qualche momento lo beccherete sicuramente anche voi insoddisfatti del lunedì. Iniziate con la mattina: un caffè con un shottino di cinismo, come dice Lorelei Gilmore (che ormai cito più di Osho).