Se lo studioso Jean-François Champollion disse che, dal punto di vista archeologico, “la strada per Menfi e Tebe passa(va) da Torino” e Alberto Angela gli ha dedicato recentemente una serata speciale dal titolo “Stanotte al Museo egizio” (RaiUno), ci sarà sicuramente un motivo. Il Museo delle antichità egizie di Torino, che ha sede nell’edificio guariniano del XVII secolo, è stato riaperto nella sua nuova veste nel 2015 e da allora non cessa di sorprendere non solo per le ricchezze in esso custodite, ma per la progettazione delle sale che guida il visitatore in uno storytelling culturale e emozionale dal quale è difficile non farsi sedurre.
Isolarchitetti nel 2008 ne ha coordinato il progetto di rinascita, firmato daDante Ferretti , che ha dato anche vita a un’opera immensa raffigurante la terra egiziana e il Nilo che, correndo lungo la parete della scala, permette di accedere ai piani superiori da quali si dipanano gli ambienti (i dati: 1080 giorni di lavoro per 10.000 metri quadrati su quattro piani per un totale di 3.300 reperti esposti).
Dalle origini ai giorni nostri, il museo ha compiuto passi da gigante vincendo la sfida nel 2015 con un balzo di rinnovamento espositivo/architettonico, di marketing e branding che lo ha portato a salire nella top ten dei musei più visitati in Italia (ancora numeri: 757.961 visitatori, 12.600 follower su Twitter).
Fino al 4 settembre, il museo ospita la mostra “Il Nilo a Pompei. Visioni d’Egitto nel mondo romano”. Il Museo Egizio, la Soprintendenza Pompei e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli si sono uniti per dare vita a un percorso itinerante “che racconta influssi e innesti spirituali, sociali, politici e artistici originati da culti ed elementi di stile nati o transitati per la terra del Nilo.”
Quello che sorprende non è tanto l’accurata disposizione di reperti che vanno dal periodo predinastico fino alle dinastie più “recenti”, ma l’ambiente empatico creato dalla sala di Kha e Merit o dalla vibrante Sala dei Re : la tomba del capo architetto dei lavori della necropoli al servizio del faraone Amenhotep III e di sua moglie permette di osservare oggetti di uso comune, vestiti e tessuti . Lo sguardo di Merit carica di energia gli spazi e la sua parrucca, composta di intatti boccoli e treccine, è il punto più alto del contatto con la storia.
La vera magia del museo – di cui potete vedere una lunga galleria di foto sul nostro Flickr ufficial – sta senza dubbio nel linguaggio divulgativo adottato. Semplicità e completezza, non disgiunte dell’accuratezza, restituiscono all’appassionato o al semplice curioso l’emozione della scoperta dei padri fondatori della prima collezione, una commistione di rispetto e passione capace di rendere la visita un’esperienza di crescita umana .