Sono giorni che mi trovo davanti ad un foglio bianco con milioni di domande che frullano in testa e non riesco a scrivere nemmeno una parola. D’altronde non è facile scrivere quando l’articolo si riferisce al libro Pioggia inversa: storia del diavolo e di un precario (ed. Il Sextante) scritto dal tuo direttore creativo, che oltre a ricoprire questo ruolo è un libero ricercatore e biografo dell’Imperatrice Elisabetta D’Austria-Ungheria di cui ha scritto Tabularium (ed. Aracne 2007) e Specchi ad angoli obliqui. Diario Poetico di Elisabetta d’Austria (sempre edito da Aracne e giunto alla seconda edizione. Ormai un classico, letto in tutto il mondo). Tuveri vanta un curriculum vitae di infinite pagine (ha tradotto dal tedesco il volume di Navid Kermani Dinamite dello spirito. Martirio, Islam e nichilismo), è intellettuale raffinato e cittadino del mondo con ottima padronanza della lingua inglese e tedesca (e spagnola, ma non lo dice mai).
Passiamo tanto tempo insieme per lavoro ma in effetti non ho mai indossato la maschera della giornalista per intervistarlo come Dio comanda o, sarebbe meglio dire, riferendoci al suo libro, come il Diavolo comanda. Perché il suo Pioggia inversa, un po’ in anticipo sulla serie Netflix Sabrina, parla di un Diavolo alle prese con gli umani, costretto al compromesso, stanco dalle ali impolverate in cui tutti ci ritroviamo e di un precario in cui ci identifichiamo, ahi noi, ancor di più. Una storia accomuna l’ex angelo di luce a Torquato Accetto, laureato precario che si ritrova a scrivere per guarire la sua anima dalla schiaffo con l’impatto del moderno mondo del lavoro.
–Pronto?
-Pronto, Ciao Matteo!
–Ciao, sì dimmi veloce che sto per partire a Berlino, non posso trattenermi!
(Sempre di corsa come una scheggia impazzita)
– Ho bisogno di incontrarti per il mio pezzo sul tuo libro. Devo farti qualche domanda, ti va? O devo inventare?
– Ah ok perfetto. Quando torno ci vediamo. Ciao!
Nel frattempo il suo libro non smette di suscitare attenzione per l’attualità del tema e perché tutti, io compresa, ci rispecchiamo fino alle lacrime nel povero diavolo a cui era stata promessa la luce, precario sin dalla creazione del mondo, e in Torquato Accetto perché, è inutile negarlo, l’instabilità del lavoro è il tratto distintivo della mia generazione. Così tanta attenzione che il suo editore ha deciso di curarne il prima possibile una versione in lingua spagnola (alcuni critici lo hanno definito una versione italiana del Realismo magico, e lui nicchia divertendosi ad ascoltare le persone mentre parlano del suo lavoro).
Il giorno arriva. Ci incontriamo un giovedì pomeriggio in un locale nella nostra Cagliari, davanti ad una tazza di ottimo tè caldo con delle ciambelle alla marmellata.
Schiarendo la voce, mi do un tono e lui ovviamente ride ma io non mollo la mia maschera.
Sei sui social, li usi. Ti ritieni uno scrittore social?
Sì sono social ma non sociable! (ride, ovvio, cosa potevo aspettarmi conoscendo la sua ironia?). Ringrazio i ragazzi che mi danno una mano a gestire tutto il papocchio social. Da solo non ci riuscirei.
Dell’odio sui social che dici?
La risposta, l’unica, è rispondere con razionalità e ironia. Passerà anche questo inferno: Eduardo diceva “Ha da passà ‘a nuttata”, che non significa che dobbiamo aspettarne la fine, ma lavorare perché finisca. Non stiamo zitti, difendiamo la dignità della civiltà che abbiamo ereditato.
Andiamo dritti al sodo. Ma Pioggia inversa è autobiografico o no?
Tutto ciò di cui scrivo lo conosco, ed è qualcosa che mi appartiene. Sono immerso in una realtà che ha creato un sistema distorto per cui le persone vengono altamente istruite poi spremute fino al midollo, illuse e buttate in strada senza un futuro.
Puoi dirmi qualche situazione in concreto in cui ravvisi tale sistema?
Ce ne sono tante. Penso alla continua fabbrica di precariato che ormai è impantanata, provocando sofferenza e mietendo vittime.
Parliamo dei luoghi del romanzo. Lo ambienti in tre luoghi differenti. Sono anche i tuoi luoghi preferiti?
Sutri è il mio cuore, la Sardegna è la mia mappa genetica e Roma è il palcoscenico del mondo perché è senza maschera: tutto il bene e il male è alla luce del sole.
I personaggi. Chi è in fondo questo Diavolo?
Rappresenta tutti coloro a cui è stata promessa la luce e non è stata data. Sono i precari del lavoro a cui è stata promessa la stabilizzazione e un lavoro per la vita. Ma sono anche i precari dei sentimenti (coppie di fatto eterosessuali e omosessuali), le Famiglie Arcobaleno, capaci di tanto amore e il cui amore è spesso irriso. Ricordiamo che l’Italia è all’ultimo posto per quanto riguarda i diritti civili.
Adesso ti voglio fare qualche domanda più leggera così mi posso atteggiare alla maniera di Carrie Bradshaw in Sex and The City!
(ride) Vabbè… con quelle scarpe non potrai mai esserlo!
(rido anche io, in effetti con delle clownesche Dott. Martens polka dots dove voglio andare?) Dimmi tre cose di cui non potresti mai fare a meno.
I cani, il mare e la letteratura tedesca.
Almeno due scrittori viventi che apprezzi.
Michela Murgia perché pur rimanendo fedele a se stessa come scrittrice, ha realizzato spettacoli teatrali che hanno avuto molto consenso di pubblico e gestisce con sicurezza anche il mezzo televisivo. E poi Erica Jong perché tratta senza tabù il tema della sessualità. Ho un posto particolare nel cuore per Tracy Chevalier e J. K. Rowling.
Non ami particolarmente gli ambienti ristretti della letteratura…
Dipende dall’ambiente. Più l’ambiente è ristretto e più si tende a cantarsela e suonarsela da soli.
Libri apprezzati ovunque e l’attenzione da tutto il mondo (Brasile, Vienna, Praga). Recentemente a Vienna hai presentato la seconda edizione del tuo libro su Elisabetta d’Austria (Specchi ad angoli obliqui. Diario poetico di Elisabetta d’Austria). In patria come vivono il tuo successo?
Nessuno è profeta in patria, lo sai. Spesso riscontro la nascita di qualche sensazionale astro della letteratura e penso che per me ho sempre desiderato diventare un classico. Una giacca di Chanel, per esempio. Non mi interessa essere un fenomeno, è meglio essere nelle tesi di laurea o sui comodini dei lettori dal palato fine.
Se tu fossi un libro, che libro saresti?
Sarei Rinascimento provato di Maria Bellonci perché mi ritrovo nel motto di Isabella d’Este nec spe, nec metu (né con speranza, né con timore). Così affronto il futuro.
Mi piace questo motto! Hai mai pensato di farlo tuo con un tatuaggio?
Già…non ci avevo pensato (si illumina). Allora quando andiamo a farlo?